Il Santuario


La facciata della Chiesa richiama quelle del periodo della Controriforma dei secoli XVII e XVIII, possiede due ordini sovrapposti, cadenzati da lesene con capitelli ionici e compositi nella parte superiore, alleggeriti da quattro nicchie nella parte inferiore e due in quella superiore,

Il portale ha il timpano spezzato al di sopra del quale è incastrato lo stemma dell’Ordine dei Domenicani, mentre nell’ordine superiore si trova una grande vetrata policroma.

La facciata è rimasta incompleta in quanto manca il coronamento superiore.


All’interno, sui timpani dei quattro arconi impostati su grandi pilastri che descrivono la pianta a croce greca, svetta la cupola affrescata da un cielo stellato. Nella lanterna che sovrasta la cupola vi è la colomba dello Spirito Santo.

Nei peducci sotto la cupola sono stati affrescati i quattro evangelisti da un autore ignoto del XX secolo.


A destra dell’ingresso è collocato l’altare in marmo dedicato all’Arcangelo Raffaele, con la statua lignea del Santo.

A sinistra vi è l’altare dedicato a S. Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù.

All’estremo braccio del transetto è collocato l’altare del crocifisso che reca nel paliotto lo spazio per contenere l’immagine del Cristo Morto. Ai lati dell’altare due nicchie contenevano le statue di San Luigi e di San Giuseppe

Di fronte l’altare dedicato al Sacro Cuore, con ai lati due nicchie che contenevano le statue di S. Anna e di San Francesco de Geronimo.


L’altare centrale fu commissionato dai padre Vincenzo Maria Barra nel 1751 ad Antonio di Lucca che collaborò con frate Galichio d’Amato. L’altare fu posto in loco nel 1752 .

L’altare possiede un notevole effetto pittorico, sia nel paliotto che nei gradini sotto la mensa. A destra dell’altare vi è lo stemma degli olivetani, aggiunto sicuramente quando questi presero possesso della Chiesa, a sinistra vi è quello dei Gesuiti, mentre nella parte superiore accanto al tabernacolo è presente una decorazione a calice intarsiato alternato ad un elegante motivo ad onda.


Sull’altare maggiore, vi è l’icona mariana della Madonna della Salute, copia della Salus Populi Romani che si venera nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.

L’Icona è posta all’interno di un artistico altorilievo in bronzo, che fa da cornice ad una delle immagini mariane più amate della città bimare.

La storia

I padri Gesuiti arrivarono a Taranto nel 1612 portati dall'onda delle loro appassionate missioni evangelizzatrici e conquistarono l punto i Tarantini che questi chiesero con fermezza la fondazione di un collegio nella propria città per fe in modo che restassero in pianta stabile.

Nel 1622 si stabilirono definitivamente presso Palazzo Visconti, nei pressi della Cattedrale e nella vicina Chiesa del Salvatore.

Da allora i Gesuiti offrivano una doppia azione educativa e religiosa in tutta la diocesi ed in quelle limitrofe, tanto da contribuire attivamente alla formazione della cultura e della società dell’epoca.

Nel 1655 la Chiesa cominciava ad essere troppo piccola per le esigenze della Compagnia e cominciò a prendere forma l’idea di costruirne una nuova.

Nel 1672 il principe Antonio Albertini offrì una cospicua somma di denaro per dare inizio ai lavori e nel 1686 cominciò a prendere forma la Chiesa, denominata “Chiesa del Gesù” annessa al già esistente convento che venne ampliato.

Il progetto venne elaborato dall’Architetto gesuita Tommaso Vanneschi sul modello delle Chiese della Compagnia di Lecce e Molfetta.

Al progetto iniziale di una Chiesa a sviluppo longitudinale prese piede ben presto l’idea di un impianto a croce greca con cupola a centro.

Rimasti fermi i lavori per diversi anni, a causa delle difficoltà a reperire le risorse economiche, la costruzione della Chiesa fu completata solo nel 1763, sebbene l’altare fosse stato consacrato già nel 1752.

All’interno trovò posto l’icona mariana della Madonna della Salute, copia della Salus Populi Romani che si venera nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, una delle copie che i Gesuiti usavano portare durante le loro missioni.

Ma il destino volle che i Gesuiti non restassero troppo tempo in quel Tempio, infatti il 21 Luglio 1767 la Compagnia venne soppressa da Papa Clemente XIV e nel 1774 il collegio e la Chiesa furono acquisiti dall’Ordine Monastico degli Olivetani, fondati secondo la Regola di San Benedetto. La chiesa prese così il nome di Monteoliveto con il quale è ancora oggi conosciuto.

Nel 1813, con decreto di Gioacchino Murat in seguito all’occupazione napoleonica del Regno di Napoli che soppresse gli ordini religiosi, il convento fu confiscato divenendo alloggio per gli ufficiali napoleonici mentre la Chiesa venne affidata all’Arcivescovo Mons. Giuseppe Capecelatro che la intitolò a San Napoleone.

I Canonici del Capitolo ne ottennero così la rettoria come succursale della Cattedrale.

Con la riabilitazione degli Ordini religiosi la Chiesa fu affidata ai frati Domenicani che restarono fino al 1866 quando ci fu una seconda soppressione degli ordini religiosi in seguito all’unità nazionale. Il Convento divenne proprietà del Demanio, mentre la Chiesa fu definitivamente affidata alla Curia di Taranto.

Durante la grande guerra nel 1915 la Chiesa fu requisita per adibirla a deposito di vestiario per le truppe e solo 5 anni dopo, l’8 Giugno 1920 l’Arcivescovo Mons. Orazio Mazzella la riaprì al culto.

Il 28 Aprile 1924 tornarono nella Chiesa i Gesuiti che si stabilirono nel vicino edificio denominato "Istituto San Luigi” che veniva collegato alla Chiesa da un cavalcavia.

Al suo interno nel frattempo, dal 1879 si era stabilita dalla Chiesa di San Domenico, l’Arciconfraternita del SS. Rosario che condivise la Chiesa con i Padri Gesuiti fino al 1930, anno in cui tornò nella Sede originaria portando con se le statue della Madonna del Rosario e di San Domenico.

Con il ritorno dei gesuiti si ebbbe un periodo di intensa vita spirituale ed associativa, in particolare alla devozione sempre crescente verso l’icona della Madonna della Salute, tanto che il 25 Marzo 1936, l’Arcivescovo Mons. Ferdinando Bernardi la dichiarò Santuario Mariano con il titolo di Nostra Signora della Salute.

Col passare degli anni l’insediamento dei Padri Gesuiti divenne sempre più radicato all’interno della città vecchia, tanto che numerosi sono ancora oggi i fedeli che ricordano con affetto le loro attività scolastiche e devozionali.

Agli inizi degli anni 80 del secolo scorso, i Gesuiti cominciarono a risentire della crisi che ha colto tutti gli ordini e, pian piano, cominciarono a ridurre la loro presenza fino a lasciare definitivamente la Chiesa a causa anche delle cattive condizioni della stessa. Nel 1993 un fulmine colpì la cupola e l’agibilità della Chiesa fu compromessa del tutto e fu necessario chiuderla al pubblico.

L’animo di tanti cataldiani fu ferito dall’aver perso un luogo così caro, tanto da dover richiedere un’immediato intervento di restauro.

L’Arcivescovo Mons. Benigno Luigi Papa intervenne mettendo in sicurezza lo stabile, ma una riapertura era davvero molto lontana a causa dell’enorme difficoltà nel reperire le risorse economiche necessarie.

Fu durante l’episcopato di Mons. Filippo Santoro che i lavori di recupero trovarono la loro conclusione. L’Arcivescovo durante il suo insediamento nella città bimare fu accolto dall’Icona della Madonna e commosso dalle numerose testimonianze di fedeli che richiedevano in modo appassionato la riapertura di um luogo di culto tanto caro, offrì un’enorme impegno per poter definitivamente terminare i lavori che trvarono la loro conclusione il 2 Dicembre del 2018, quando il Santuario è stato definitivamente riaperto ed affidato alle cure pastorali del Parroco della Cattedrale Mons. Emanuele Ferro ed alla custodia della Confraternita dell’Immacolata di Taranto che ha accolto con entusiasmo la responsabilità di custodire un bene così prezioso ed a cui i Tarantini tutti sono legati.